Il Terrore viene dal cielo: La guerra aerea

Quando l'uomo cominciò a librarsi nell'aria, in molti si interrogarono sulle future conseguenze militari di tale progresso. Da allora l'arma aerea ha conosciuto un lungo e crudele sviluppo.

di RENZO PATERNOSTER

Il desiderio di conquistare e dominare lo spazio è sempre stato tra le più ambiziose e appassionanti aspirazioni dell'uomo. Riuscire a volare avrebbe significato impadronirsi del mondo, assomigliare a Dio. Ma la conquista del cielo avrebbe anche criminalmente potenziato in modo esponenziale le sue capacità distruttive.Già nell'antichità si hanno curiose notizie sul volo umano. Queste, tuttavia, sono legate più alla mitologia che all'effettiva conquista dello spazio aereo.Nel libro tibetano del Vero Sapere, scritto nel tredicesimo secolo, si narra che un tempo la razza umana era in grado di volare come le divinità creatrici, ma che la facoltà si perse poi con il passare del tempo.Il primo famoso mito legato al volo dell'uomo è quello di Dedalo e Icaro: rinchiusi dal re Minosse in un intricatissimo labirinto, i due tentarono di fuggire realizzando ali di piume e di cera; ma Icaro, volando, si avvicinò troppo al Sole, la cera si sciolse e precipitò in mare.In Cina si narra che tra il 2258 e il 2208 a.C. l'imperatore cinese Shun tentò l'impresa "travestito da uccello", mentre nel 1766 a.C., l'imperatore cinese Cheng Tang fece costruire un carro volante che poi distrusse
per paura che qualcuno s'impadronisse dell'invenzione. (Fig. Studi di Leonardo sul Volo)
Monili in oro precolombiani scoperti dall'archeologo Alan Landsburg, definiti "Colganti Zoomorfi" ossia composizioni aventi forma animale (ma che di animale non hanno nulla), attestano che quei popoli avevano in qualche modo studiato la conquista del cielo: lo si deduce dalla forma aerodinamica dei monili, in tutto analoga a quella dei moderni jet con ali a delta. Gli Egizi probabilmente conoscevano il volo, o per lo meno avevano fatto studi per conquistare l'aria. Infatti, un piccolo manufatto di legno di balsa, lungo diciotto centimetri, ritrovato nel 1898 nei pressi della piramide di Saccara e classificato come "uccello", non è altro che un dispositivo di volo con caratteristiche aerodinamiche così avanzate da somigliare a un aliante. In molti libri sacri dell'India, come il Mahabharata, il Ramayana, il Pancantara, si parla di carri volanti che trasportavano divinità e viaggiavano alla velocità del vento con un suono melodioso, oppure rimanevano a mezz'aria come i nostri moderni elicotteri.Si racconta anche che, nell'antica Roma, Simon Mago abbia volato dinanzi all'imperatore Nerone, ma calcoli sbagliati lo fecero sfracellare al suolo. Anche nel Medioevo si hanno testimonianze di alcuni temerari che si lanciarono con strane apparecchiature dalla cima di torri o campanili.
Il primo in Europa ad avvicinarsi in modo scientifico al problema del volo umano fu Ruggero Bacone (1214-1294), che si interessò alla realizzazione di una macchina capace di portare a bordo un uomo, il quale avrebbe successivamente azionato un motore collegato ad ali simili a quelle degli uccelli.Fu con Leonardo da Vinci (1452-1519) che la scienza dell'aria si dotò in maniera scientifica di studi, disegni e prototipi per affrontare i cieli. Leonardo costruì una specie di elicottero (vite aerea), dotato di un'elica a chiocciola o a spirale azionata da un meccanismo a molla. Lo studio della natura e degli uccelli, negli anni successivi, condusse Leonardo a interessarsi anche alle ali battenti.Si narra che il perugino Danti, contemporaneo di Leonardo, nel 1490 sia riuscito a volare sopra il lago Trasimeno con ali fissate sulle spalle.L'immenso contributo che Leonardo da Vinci fornì alla conquista dello spazio aereo fu però tenuto nascosto per tre secoli: se le sue ingegnose intuizioni fossero state rese pubbliche subito dopo la sua morte avrebbero senz'altro anticipato la conquista dei cieli.Nel 1648 il vescovo inglese di Chester, John Wilkins, arrivò a preconizzare che la scienza, col tempo, sarebbe stata in grado di costruire macchine volanti.Partendo dal principio di Archimede, per il quale un corpo immerso in un fluido riceve una spinta verticale pari al peso del volume del fluido spostato, il gesuita bresciano Francesco Lana conte de' Terzi descrisse (Prodromo, ovvero saggio di alcune invenzioni nuove, 1670) un battello volante sostenuto in aria da quattro palloni fatti con sottili lastre di rame e riempiti di gas più leggeri dell'aria. Tuttavia, studiata la possibilità reale per l'uomo di volare, padre Lana avvisò delle pericolose applicazioni che questo avrebbe comportato per la guerra.Il primo pallone ad aria calda (un "fumo elettrico" originato dalla combustione di paglia e lana) si alzò in volo nella cittadina di Annonay il 5 giugno 1783 grazie alla geniale intuizione dei fratelli Montgolfier. Appena due mesi dopo, il 27 agosto, l'esperimento fu ripetuto dal professor Charles, questa volta utilizzando l'idrogeno al posto dell'aria. Anche se questi esperimenti battezzarono la nascita dell'aerostato, quindi la possibilità di alzarsi da terra, la possibilità di dirigersi verso una meta prestabilita restò legata ai capricci delle correnti.

(Colganti Zoomorfi Precolombiani)

Poco meno di un secolo dopo, i palloni aerostatici furono perfezionati e subito utilizzati in operazioni di guerra. Tra il 1862 e il 1863, durante la guerra civile americana, l'armata unionista del Potomac fece uso di palloni aerostatici per osservare i movimenti delle forze dei confederati. Sempre a scopo di osservazione, diverse mongolfiere furono utilizzate per lo stesso scopo anche nel 1870-71 durante la guerra franco-prussiana.Dopo studi ed esperimenti effettuati da molti scienziati (l'aerostato di Henri Giffard, gli alianti di Otto Lilienthal, per fare alcuni esempi), finalmente il 17 dicembre del 1903 i fratelli Wilbur e Orville Wright, sulla spiaggia di Kitty Hawk, nel North Carolina, per la prima volta nella storia riuscirono a sollevarsi nell'aria, in pieno volo e con forza propria, procedendo senza ridurre la velocità e atterrando in un punto alto quanto quello di partenza. Orville Wright era riuscito a stare in aria per dodici secondi, spostandosi per trentasette metri su un aereo spinto da motori a pistoni collegati a un'elica. Il Flyer, così era stato battezzato dai fratelli Wright, aveva una struttura biplana, ovvero con due piani alari, un'apertura alare di 12,28 metri (una superficie alare di 47,38 mq) ed era alto 2,8 metri. Il motore aveva una potenza di 12 cavalli a 1020 giri al minuto, che veniva trasmessa a due eliche di legno. L'aereo aveva una struttura "canard" ossia con gli impennaggi orizzontali di coda davanti alle ali.Nella stessa giornata del 17 dicembre furono tentati altri voli, tre per la precisione. Il primo volo durò 12 secondi, con Wilbur ai comandi, il successivo per 15 secondi, con Orville, e infine il terzo a mezzogiorno, durato 59 secondi, con Wilbur che volò per quasi due chilometri. Il primo giornale a dare notizia del successo dei fratelli Wright fu lo sconosciuto quotidiano locale "Virginian Pilot". Anche se i voli durarono al massimo un minuto, a Kitty Hawk furono definitivamente poste le basi per la scienza aeronautica.La possibilità di librarsi in volo sopra lo schieramento nemico aveva già spinto numerosi teorici e visionari a cavallo tra il XIX e il XX secolo a immaginare una nuova forma di guerra in cui il dominio dell'aria avrebbe costituito il fattore decisivo. L'invenzione dei fratelli Wright interessò subito lo Stato Maggiore militare statunitense, ma i contatti furono difficili. Il 23 dicembre 1907, tuttavia, il Signal Corps (l'equivalente USA del Genio militare), responsabile degli sviluppi militari della neonata disciplina aerea (aerostati, mongolfiere, dirigibili) codificò la prima specifica per un velivolo: la n. 486. Per essere accettato dal Signal Corps un aereo doveva volare a una velocità di 40 miglia orarie (circa 65 km/h), avere un'autonomia di 2 ore, portare due persone a bordo e carburante per 125 miglia (200 km). Inoltre, l'aereo doveva essere smontato, trasportato su carri trainati da cavalli e rimontato entro un'ora. Le prove per il Signal Corps iniziarono il 3 settembre 1908 a Fort Myer, Virginia. Sei giorni dopo il Flyer aveva già superato le specifiche richieste restando in aria per più di un'ora. Ma il 17 settembre avvenne il primo incidente: Orville si ferì seriamente mentre il tenente Thomas Selfridge perse la vita. Fu la prima vittima nella storia dell'aviazione a motore.Il progresso compì miracoli nel settore aeronautico e già l'anno dopo, il 31 dicembre 1908, in Francia si arrivò a un record: un velivolo restò in aria per 2 ore e 18 secondi coprendo una distanza di 123 km. Oramai la strada per il volo umano era divenuta una realtà.
In campo militare gli aerei ebbero inizialmente compiti di ricognizione. La prima missione aerea di ricognizione in guerra della storia spetta agli italiani: nel pomeriggio del 23 ottobre 1911, durante la guerra contro l'Impero ottomano, l'aereo pilotato dal capitano Piazza compì un volo di ricognizione su Tripoli, in Libia.Anche la paternità del primo bombardamento con un aereo spetta agli italiani: il 1° novembre 1911, il tenente Giulio Gavotti, con il suo Taube, lanciò una granata da due chilogrammi sul campo ottomano di Ain Zara, in Libia. In quello stesso volo furono lanciate altre granate su tre oasi di Tagiura. Ma il primo bombardamento dal cielo risale al secolo precedente: nel 1848, durante l'assedio di Venezia, due sottufficiali austriaci lanciarono sulla città lagunare alcune palle esplosive da un pallone aerostatico in balia del vento.L'impresa del 1911 di Gavotti passò invece alla storia e fu celebrata da Gabriele D'Annunzio in Canzone della Diana: «S'ode in cielo un sibilo di bombe passa nel cielo un pallido avvoltoio Giulio Gavotti porta le sue bombe [.]». Anche se l'azione del tenente Gavotti non provocò in effetti vittime, e i danni furono piuttosto lievi, fu comunque la dimostrazione che gli aeroplani potevano essere utilizzati per combattere, e, purtroppo, per portare la morte anche ben oltre la linea del fronte.



(Primo volo dei Fratelli WRIGHT)
La guerra si appropriò di un ulteriore elemento, l'aria, annullando definitivamente l'idea cavalleresca del combattimento e il rapporto che sino ad allora aveva collegato il combattimento al soldato: il bombardamento aereo, ha scritto Carl Schmitt nel Nomos della terra (Adelphi, Milano 1991) ha «il significato e il fine esclusivo dell'annientamento».Parallelamente allo sviluppo degli aerei in Europa si sviluppò la realizzazione di grandi dirigibili: in Germania erano famosi gli Zeppelin, con i quali all'inizio della Prima Guerra Mondiale furono bombardate Parigi e Londra.Nato il bombardamento strategico, ovviamente si affacciò anche l'idea di combattere in cielo. Il primo episodio di caccia aerea, vale a dire di velivolo abbattuto da un altro velivolo, si deve al pilota russo Piotr Nicolajevic Nesterov, che il 26 Agosto 1914 si avventò col suo Morane Saulnier disarmato contro l'Albatros B. III austriaco del barone Von Rosenthal, speronandolo e abbattendolo. Le operazioni belliche della Prima Guerra Mondiale furono poi teatro delle imprese di assi come il tedesco Manfred von Richthofen (il famoso Barone rosso), del britannico Albert Ball, dei francesi Georges Guynemer e Charles Nungesser, del canadese William Bishop, dello statunitense Eddie Rickenbacker e dell'italiano Francesco Baracca.Inizialmente ai piloti fu dato in dotazione un fucile o una pistola, ma tale idea si dimostrò poco pratica, poiché risultava abbastanza rischioso lasciare i comandi per imbracciare l'arma e prendere la mira. Anche l'idea di dotare l'aereo di un altro passeggero, che potesse sparare magari con una mitragliatrice montata sullo stesso aereo, era ancora lontana da attuarsi. Un aereo con due persone a bordo risultava pesante e lento, in più una mitragliatrice posizionata sul cofano dell'aereo non poteva sparare attraverso il disco d'azione dell'elica.Per ovviare alla presenza delle pale rotanti dell'elica, l'aviatore francese Roland Garros le "corazzò" con dei coni in ghisa montati all'altezza della bocca della mitragliatrice: in questo modo si poteva sparare attraverso il disco dell'elica senza subire danni. Lo stesso Garros utilizzò la sua invenzione sul suo Morane Saulnier, un velivolo monoplano, e in pochi giorni abbatté cinque velivoli nemici, guadagnandosi per primo il titolo di "asso", qualifica riservata a quei piloti che raggiungevano le cinque vittorie.I tedeschi affidarono il progetto del Morane modificato all'ingegnere olandese Anthony Fokker, che nel giro di un mese lo copiò, migliorandolo notevolmente, e realizzò un dispositivo che, sincronizzando la mitragliatrice all'albero motore, permetteva di sparare attraverso l'elica senza correre il rischio di distruggere le pale. Il velivolo progettato da Fokker, il Fokker E III, divenne il nuovo punto di riferimento per la tecnologia aeronautica dell'epoca.
Il bombardamento aereo ha avuto alla radice una pura logica militare: ottenere la vittoria a ogni costo, eludendo l'esclusivo confronto militare tra eserciti. Esso fu ritenuto dai primi teorici di questa nuova tattica di guerra come il cuore delle operazioni militari in guerra.Tra i teorici del bombardamento aereo ricordiamo lo statunitense Billy Mitchell, il russo naturalizzato americano Alexander de Seversky, autore del libro Victory Through Air Power del 1942, il tedesco Erich Luderndorff, autore del libro Die Totale Krieg (La guerra totale) in cui sosteneva che i civili dovessero essere considerati come combattenti, e l'italiano Giulio Douhet.Il primo fra i capiscuola di questa nuova strategia di guerra fu proprio il generale italiano Giulio Douhet, che negli anni Venti del Novecento scrisse un vero e proprio trattato su questa "opzione bellica": Il dominio dell'aria, pubblicato nel 1921 a cura del Ministero della Guerra e ristampato postumo nel 1932 (insieme con altri scritti), con prefazione di Italo Balbo, ministro dell'Aeronautica.Secondo la logica del generale italiano, «L'arma aerea permette di raggiungere i popoli direttamente oltre le linee di battaglia, permette cioè di intaccare direttamente le resistenze dei popoli», poiché con il bombardamento dall'alto, «non può mancare di giungere rapidamente il momento in cui, per sfuggire all'angoscia, le popolazioni, sospinte unicamente dall'istinto della conservazione, richiederanno, a qualunque condizione, la cessazione della lotta. Forse prima che l'esercito abbia potuto mobilitarsi e la flotta uscire dai porti. [.]. Agendo sui centri abitati più sensibili, [l'Armata Aerea] potrà, inducendo la confusione ed il terrore nel Paese avversario, spezzarne rapidamente la resistenza materiale e morale». Per questo, «in ordine al conseguimento della vittoria, avrà certamente più influenza un bombardamento aereo che costringa a sgombrare qualche città di svariate centinaia di migliaia di abitanti che non una battaglia del tipo delle numerosissime che si combattono durante la grande guerra senza risultati di apprezzabile valore».



(Giulio Gavotti su Farman)
Douhet spiegò che, per aver maggior efficacia, un attacco aereo doveva avere precisi obiettivi: «I bersagli delle offese aeree saranno quindi, in genere, superfici di determinate estensioni sulle quali esistano fabbricati normali, abitazioni, stabilimenti ecc. ed una determinata popolazione. Per distruggere tali bersagli occorre impiegare i tre tipi di bombe: esplodenti, incendiarie e velenose, proporzionandole convenientemente. Le esplosive servono per produrre le prime rovine, le incendiarie per determinare i focolari di incendio, le velenose per impedire che gli incendi vengano domati dall'opera di alcuno».Ecco allora, nella logica del generale Douhet, coniugare l'attacco aereo con armi non convenzionali: «Abbiamo anche assistito all'introduzione negli usi di guerra di due altri mezzi completamente nuovi: dell'arma aerea e dell'arma venefica; ma essendo queste due armi ai loro principii e possedendo caratteri completamente diversi da tutte le altre, non abbiamo ancora potuto renderci un conto esatto della loro influenza sulle forme della guerra». Certamente, «tale influenza sarà grandissima, ed io non esito ad affermare che essa sconvolgerà completamente le forme della guerra di qui conosciute. Le due armi nuove si integrano a vicenda [.]. L'arma aerea permette di portare, oltre l'esplosivo, il veleno chimico e batteriologico in un punto qualunque del territorio nemico, disseminando su tutto il paese avversario la morte e la distruzione».Seguendo queste intuizioni, l'uso terroristico del bombardamento aereo diverrà pratica comune a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, concentrandosi sulle aree urbane, anche quando divenne chiaro che esso non aveva affatto il carattere risolutivo attribuitogli da Douhet.I bombardamenti delle aree urbane sono, riprendendo la distinzione avanzata da Freud in Considerazioni attuali sulla guerra e la morte (1915), assolutamente inspiegabili in termini di "interessi strategici", ma si configurano come il «prodotto di una passione distruttiva» che cerca di camuffarsi e autolegittimarsi appellandosi alla razionalità di un interesse.
Dopo la Prima Guerra Mondiale la tecnologia portò grosse innovazioni nel campo aeronautico, dilatando al massimo l'importanza del "potere dell'aereo", in altre parole della possibilità di usare il cielo per scopi bellici. Così la maggior parte dei Paesi che non l'avevano fatto prima, costituirono una propria forza aerea indipendente, alla pari con Esercito e Marina.Con la Seconda Guerra Mondiale si ebbe un ulteriore straordinario progresso tecnologico. Basti paragonare gli esili biplani di soli venti anni prima ai caccia Hawker Hurricane, Supermarine Spitfire e Messerschmitt Bf 109. Contemporanei sono anche il bombardiere in picchiata Junkers Ju 87, meglio conosciuto come Stuka, e i bimotori da bombardamento Bristol Blenheim, Dornier Do 17 e Heinkel He 111. Lo sviluppo di bombardieri veloci culminò verso la fine degli anni Trenta con il quadrimotore statunitense a grande autonomia della Boeing, il B-17 Flying Fortress ("fortezza volante").Da questo momento all'arma aerea venne definitivamente assegnato un ruolo fondamentale, poiché essa si mostrava lo strumento più efficace per realizzare l'attacco diretto al cuore della popolazione, nei centri abitati. E non solo con le tradizionali bombe, ma anche con nuove e più potenti armi, quali quelle chimiche (e poi biologiche). Così è stato nella Seconda Guerra Mondiale, tanto che i bombardamenti aerei ne sono divenuti la sintesi simbolica, così come la trincea lo è stata per la Prima Guerra Mondiale.Già la Guerra civile spagnola del 1936-1939 fu il teatro della definitiva affermazione del potere aereo. Durante questo conflitto, infatti, si ebbe il primo attacco distruttivo sistematico contro una città, quella di Guernica, nella regione basca, colpita il 26 aprile 1937 da un bombardamento a tappeto tedesco a sostegno delle forze franchiste.Nel 1937 Pablo Picasso rappresentò il bombardamento di Guernica in un quadro diventato emblema e denuncia contro la guerra in generale e contro il bombardamento aereo indiscriminato in particolare. Nel quadro, infatti, sono raffigurati persone, animali e edifici dilaniati dalla violenza del bombardamento a tappeto. Tutta la repulsione di Picasso di fronte a una simile azione è racchiusa in un aneddoto. Si racconta che a un ufficiale tedesco che di fronte a Guernica gli domandava deferente «L'avete fatto voi, maestro?», Picasso rispose secco: «No, l'avete fatto voi. Con la Luftwaffe».
Scoppiata la guerra, l'aeronautica si affermò come sistema integrato in cui avevano grande importanza i radar e la cooperazione fra ricognitori e bombardieri. Durante il conflitto, le aviazioni dei diversi Paesi operarono su tutti i fronti e spesso in stretto contatto con le forze di terra e di mare.Il futuro della guerra aerea era appena cominciato e l'uso terroristico dei bombardamenti aerei si acutizzò. I Tedeschi realizzarono i missili V-1 e V-2. Il primo era un missile da crociera in grado di trasportare una testata bellica fino a 850 kg, mentre il secondo era un missile balistico con testata da 910 kg. Sempre i Tedeschi, nell'autunno del 1944, schierarono anche i primi caccia a reazione, i Messerschmitt Me 262 Schwalbe, che diedero ottimi risultati contro le formazioni dei bombardieri alleati, senza tuttavia incidere sulle sorti del conflitto. centotrenta bombardamenti eseguiti dagli Stati Uniti sulla città di Tokyo (tra il novembre 1944 e l'estate 1945), assieme agli attacchi nucleari portati a termine nell'agosto 1945 sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, segnarono il culmine dell'uso terroristico della guerra aerea. Infatti, pur confermando il peso decisivo della guerra aerea nei moderni conflitti, tali bombardamenti affermarono lo scopo terroristico anche quando era chiaro - come lo era per il Giappone, ormai alla disfatta totale - che essi non avevano affatto carattere risolutivo. In realtà le bombe atomiche concessero agli USA di concludere il conflitto con il Giappone senza ricorrere a una potenza militare esterna, come l'Unione Sovietica. Ciò consentì agli Stati Uniti di dare un'impressionante dimostrazione della propria potenza e, al contempo, di occupare da soli il Giappone, mantenendo un proprio plenipotenziario, Mac Arthur, fino al 1952.Le atomiche di Hiroshima e Nagasaki segnarono un passaggio epocale. Non già per il rapporto quantità di vittime-tempo impiegato, ma perché rappresentarono l'attuazione di una specie di celebrazione dell'onnipotenza di una scienza criminale che si prese la sua rivincita sul disegno della creazione divina.La logica dei bombardamenti aerei proseguì anche durante la Guerra fredda, che poi tanto fredda non lo fu davvero: nella Guerra di Corea (1950-1953), nella Guerra dei Sei Giorni (1967), nella Guerra del Vietnam (1964-1975).Proprio la guerra in Vietnam, accanto all'utilizzo di sofisticati aerei da guerra (i caccia supersonici MiG-17 e MiG-21 sovietici contro gli F-105 Thunderchief e F-4 Phantom statunitensi), vide per la prima volta l'impiego massiccio di elicotteri da combattimento.



(Giulio Douhet)

Col passare del tempo il progresso militare non si è arrestato e ha partorito nuovi e sconvolgenti armi, questa volta più "intelligenti" delle precedenti. Il ruolo dell'aeronautica militare nei moderni conflitti è stato ancora una volta drammaticamente posto in rilievo nel gennaio del 1991 durante la prima guerra del Golfo e nelle guerre della ex Jugoslavia.L'Iraq, ad esempio, fu sistematicamente attaccata dal cielo dietro le linee del fronte e privato di grandi centri di comando e controllo, linee di comunicazione e depositi. Negli attacchi iniziali dell'operazione "Desert Storm" furono impiegati i missili da crociera Tomahawk, lanciati da unità navali dislocate nel golfo Persico e nel Mar Rosso, gli F-117A Nighthawk, bombardieri Stealth armati di bombe "intelligenti" a guida laser e gli F-4G Wild Weasel, dotati di missili antiradar HARM. La ridotta difesa aerea irachena favorì anche l'azione degli aerei d'attacco, come gli F-15E Strike Eagle, gli F-111 Aardvark, gli F/A-18 Hornet, gli A-6E Intruder, i Tornado e i Jaguar. Per contrastare le forze irachene furono massicciamente impiegati, oltre all'aereo anticarro A-10 Thunderbolt II, anche gli elicotteri da combattimento AH-64 Apache e AH-1 Cobra con missili Hellfire e Tow.Nelle due guerre che hanno inaugurato il nuovo secolo, la guerra in Afghanistan e la seconda guerra del Golfo (2003), l'utilizzo dell'arma aerea non ha avuto eguali nella storia militare. Purtroppo, ancora una volta, la popolazione civile è quella che più ha lamentato perdite di vite umane. Anzi, la strategia militare statunitense ha esplicitamente ammesso che i bombardamenti strategici sull'Iraq avevano il preciso scopo di spargere il terrore tra le forze nemiche. Shock and awe ("colpisci e terrorizza") è questo il nome che è stato dato a questa strategia che, per quanto rivolta ai combattenti, ha causato vittime anche tra la popolazione civile.L'ultima guerra in Iraq ha realizzato nell'immaginario collettivo l'idea di una "guerra pulita", una guerra che, grazie ai missili intelligenti (ossia missili aria-aria con guida laser, che centrano al millesimo il bersaglio prescelto), ha diminuito il pericolo di un bombardamento incontrollato, colpendo marginalmente la popolazione civile. Sappiamo però che proprio così non è andata, poiché ci hanno fatto vedere solo le immagini che hanno voluto che noi vedessimo. L'inganno è sempre in agguato quando si parla di guerra. Peccato che queste nuove armi "intelligenti" non hanno anche un'anima.
BIBLIOGRAFIA
-Il dominio dell'aria: saggio sull'arte della guerra aerea, di G. Douhet, Stabilimento poligrafico per l'amministrazione della guerra, Roma 1921
-Storia dell'aviazione, di AA. VV. - Fabbri, Milano 1973
-Storia della guerra aerea, di B. Collier - Mondadori, Milano 1974
-Il dominio dello spazio, di A. Pelliccia - Edizioni dell'Ateneo, Roma 1978
-Dai fratelli Wright a Hiroshima. Breve storia della questione aerea (1903-1945), di G. Fiocco - Carocci, Roma 2002
-Sei morto! Il secolo delle bombe, di S. Lindqvist

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