Règia Aeronautica, Cobelligerante o Nazional rapubblicana è sempre una grande storia da raccontare

Il Ministero della Guerra, nel 1884, autorizzava la costituzione di un Servizio Aeronautico presso il 3° Reggimento Genio a Roma ed il reparto si sarebbe occupato degli aerostati da ricognizione. Il 23 giugno del 1887 veniva promulgata la prima legge aeronautica, la n° 4593 che normava ed istituiva una Compagnia Specialisti del Genio, destinata, tra l'altro, all'uso dei palloni frenati.Il primo pilota di aerostato militare fu il capitano Alessandro Pecori Giraldi, comandante della Compagnia. Il primo impegno bellico avvenne in Eritrea nel 1887-1888 dove si impiegarono tre palloni per la ricognizione delle posizioni avversarie. La Compagnia venne successivamente trasformata in Brigata nel 1894.Il primo pallone libero fu costruito dal capitano Maurizio Mario Moris, a proprie spese, sui piani di costruzione del tenente Cesare del Fabbro. Compì il suo primo volo salendo dai Prati di Castello, a Roma, il 11 giugno 1894 con a bordo gli stessi capitano Moris e tenente del Fabbro, i quali non avevano avuto precedenti esperienze. Ma l'aerostato era un mezzo assai difficilmente governabile.Una soluzione migliore era rappresentata dal dirigibile (che appunto si può dirigere), una macchina, come lo era anche la mongolfiera, "più leggera dell'aria". Il dirigibile era provvisto di motori ad elica e timoni aerodinamici. Nel 1904 il maggiore Moris assunse il comando della Sezione Aeronautica della Brigata Specialisti ed incaricò i tenenti Gaetano Arturo Crocco ed Ottavio Ricaldoni di impostare lo studio di un dirigibile. Nella caserma Cavour, a Roma, furono eseguite le prime prove sperimentali su modelli in scala e studiata la dinamica dei fluidi. Il primo dirigibile, il Crocco-Ricaldoni n° 1 volò il 3 ottobre del 1908.Alla Brigata venne messo a disposizione, nel 1906, un assegno straordinario di 425.000 lire che integrava quello mensile di 50.000 lire (quest'ultima una cifra esigua per le esigenze della Brigata) e da qualche modesto intervento della Règia Marina.Nel frattempo era nato un mezzo rivoluzionario, l'aeroplano. Anche in Italia vi furono varie iniziative, e nel 1909 nacque il Circolo Aviatori, presieduto dall'attivissimo maggiore Mori. Il maggiore riuscì a portare in Italia Wilbur Wright con uno dei suoi biplani: tra il 15 ed il 26 aprile 1909 compì sul prato di Centocelle 67 voli, trasportando 19 passeggeri ed istruendo il tenente di vascello Mario Calderara che divenne quindi il primo pilota con brevetto in Italia.Quando Wright partì da Roma lasciò, come stabilito, l'aeroplano e Calderara impartì lezioni al tenente del Genio Umberto Savoja, cosicché in breve, Centocelle divenne la prima scuola di volo militare, nel gennaio del 1910. A capo del corso era il tenente colonnello Cordero di Montezemolo, mentre il servizio sanitario era affidato al pilota Luigi Falchi. Moris gli disse: «l'ho scelta non perché Lei è medico, ma così si troverà sul campo senza avere l'aria di chi aspetta la disgrazia».A causa delle limitazioni del campo di aviazione di Centocelle, si chiuse questa scuola e se ne aprirono altre due, una ad Aviano (Udine) e l'altra a Cascina Malpensa (Varese). Grazie all'interesse suscitato dall'aviazione, l'Esercito rese indipendente la Brigata Specialisti nel 1910, affidandola al tenente colonnello Moris. I vertici delle forze armate credettero molto nella nuova arma aerea, tanto che la legge n° 422 del 10 luglio 1910 ed il successivo regio decreto 944 del 28 ottobre dello stesso anno indicavano l'assegnazione di fondi per materiali di volo ed assistenza, mentre la legge 515 del 17 luglio ed il decreto del 9 agosto 1910 stabilivano l'ampliamento e la struttura delle forze aeree. Inizialmente era prevista una spesa di ben 25 milioni di lire, ritenuta insostenibile dal Ministero del Tesoro e ridotta a 10 milioni. Ad ogni modo la relazione tenuta dal Ministro del Tesoro, onorevole Tedesco, e da quello della Guerra, generale Spingardi, era esplicita sul fatto che l'organizzazione aeronautica si sarebbe ampliata negli anni a venire.La Brigata Specialisti si trasformò in Battaglione autonomo, con otto compagnie ed il 28 ottobre fu costituita la Sezione Aviazione.La prima occasione per sperimentare il nuovo mezzo aeronautico si presentò durante le manovre estive del Regio Esercito in Piemonte del 1911. Il Battaglione Specialisti mise a disposizione otto aeroplani, due dirigibili e due aerostati.

Il 29 settembre del 1911 l'Italia dichiarava guerra all'Impero ottomano e venne mobilitato anche il Battaglione Specialisti. Il 2 ottobre vi fu il primo sbarco di fanti di marina sotto la copertura della flotta schierata davanti a Tripoli. Il 15 ottobre arrivò anche l'aeronautica, formata da nove aeroplani, due Blériot XI, tre Nieuport IV G, due Etrich Taube e due biplani Farman, 11 piloti e 30 uomini di truppa comandati da un tenente ed un sergente.Il loro compito era di compiere ricognizioni in territorio nemico per scoprire entità e spostamenti delle forze nemiche. La prima missione venne compiuta dal comandante della spedizione, capitano Carlo Maria Piazza, il 23 ottobre con un Blériot, la seconda dal capitano Riccardo Moizo, lo stesso giorno con un Nieuport.
Lo stesso capitano Moizo riportò, due giorni dopo, le ali forate da tre fucilate, fu la prima azione di fuoco contro un aeroplano.Il sottotenente Gavotti, il 1° novembre 1911, gettò a mano tre granate Cipelli da due chili su Ain Zara e una su l'Oasi di Tripoli stessa. Gli italiani eseguirono per primi al mondo tutte le azioni militari che poi divennero tipiche dell'impiego bellico aeronautico, come la ricognizione ed il bombardamento, tranne quella della caccia, dato che l'avversario non disponeva a sua volta di un'aviazione.Il capitano Piazza eseguì il 28 ottobre il primo rilevamento di tiro per la corazzata Sardegna contro l'oasi di Zanzur, altrettanto fece il capitano Moizo il 24 novembre per una batteria contro l'artiglieria turca. Il 4 dicembre l'aeronautica svolse compiti di sorveglianza volando al fianco di tre colonne in marcia e verificando che non vi fossero uomini dell'esercito avversario in avvicinamento.Anche in Cirenaica agivano squadriglie dell'aeronautica. Vicino a Bengasi il 15 dicembre del 1911 il sottotenente di vascello Francesco Roberti fu attaccato per la prima volta dall'artiglieria. Il capitano Piazza, il 23 febbraio del 1912 compì la prima foto ricognizione con una macchina fotografica Zeiss "Bebé" del Genio. Ogni volo consentiva un'unica istantanea, dato che il pilota non poteva cambiare la lastra fotografica con una sola mano, mentre l'altra era impegnata nel pilotaggio.

I piloti in ricognizione eseguivano anche degli schizzi a mano delle zone d'interesse. Il 4 marzo il capitano Piazza ed il sottotenente Gavotti volarono per la prima volta di notte.Il primo ferito in azione fu l'onorevole Carlo Montù, comandante della squadriglia volontari civili, colpito ad una gamba mentre volava come osservatore in Cirenaica. Dato che il terreno melmoso impediva di manovrare gli apparecchi a terra alla squadriglia di Bengasi, nella zona di Sabri, venne costruita una piattaforma in legno lunga 100 m e larga 12, probabilmente la prima pista artificiale al mondo. Il 2 maggio venne eseguita la prima ricognizione notturna e l'11 giugno il primo bombardamento notturno.L'Italia pianse anche il primo pilota caduto in battaglia, il sottotenente di cavalleria Piero Manzini partito da Tripoli per una ricognizione fotografica il 25 agosto 1912. Il capitano Moizo divenne il primo aviatore prigioniero di guerra, a causa di un'avaria al motore che, il 10 settembre lo costrinse ad un atterraggio in zona nemica. Fu poi rilasciato l'11 novembre alla conclusione delle ostilità, dopo aver ricevuto un buon trattamento da parte degli ufficiali turchi.Il trattato di Losanna del 18 ottobre del 1912 aveva posto fine alle ostilità ed aveva assicurato all'Italia il possesso di Libia e dell'Egeo.

La I Guerra Mondiale - Quando l'Italia entrò in guerra, un anno dopo l’inizio delle ostilità, l’aviazione italiana era in condizioni di netta inferiorità rispetto quelle degli avversari e degli altri belligeranti. Il materiale che equipaggiava le squadriglie caccia, quasi interamente di fabbricazione francese, era per lo più obsoleto. L‘industria italiana non aveva ancora prodotto macchine competitive e, per buona parte del conflitto, si continuò ad utilizzare materiale proveniente principalmente dalla Francia, quali i Neuport, gli Hanriot, gli Spad o aerei costruiti su licenza. Facevano eccezione i settori degli aerei da combattimento marittimi con i Macchi della serie L e M ed i bombardieri, con gli ottimi Caproni della serie "3". Questi aerei furono tra i primi bombardieri al mondo ad essere sviluppati ed impiegati per questo specifico compito. Infatti la loro prima missione di guerra ebbe luogo il 20 agosto 1915 con un bombardamento sul campo di aviazione austriaco di Aisovizza. Nel 1916 l’industria nazionale, sotto l’impulso della necessità, era riuscita a produrre 1.225 aerei. I reparti in linea erano composti da 49 squadriglie ripartite in 13 da bombardamento, 22 da ricognizione, 9 da caccia e 5 per la difesa di zone importanti e strategiche. Solo nel 1918 i veivoli di progettazione italiana cominciarono ad essere messi in linea ma il loro contributo fu minimo. Sempre nel 1918, la caccia italiana venne impiegata seguendo criteri di assoluta novità nella guerra aerea. Gli aerei andarono all’attacco con formazioni massicce impegnandosi in combattimenti duri, contribuendo ad eliminare definitivamente dai cieli la minaccia austriaca. Alla fine della guerra la forza aeronautica dell’esercito era composto da 84 squadriglie, 5 dirigibili e 4 sezioni speciali, mentre l’aviazione della marina aveva 44 squadriglie di idrovolanti e 15 dirigibili.

Francesco Baracca. Nasce a Lugo di Romagna il 9 maggio del 1888. Fin dall'adolescenza rivela un carattere forte e coraggioso nonostante sia buono di indole. Decide presto di intraprendere la carriera militare e, nell'ottobre del 1907, viene ammesso alla Scuola Militare di Modena come allievo di Cavalleri
Terminato il corso a Modena, risultando fra i primi, viene assegnato al Reggimento Piemonte Reale. Durante la guerra di Libia, dove per la prima volta vengono impiegati militarmente gli aerei, chiede di essere ammesso al corso di pilotaggio. La sua domanda viene accettata e parte per la Scuola di Pilotaggio di Reims, in Francia. Nel luglio del 1912 Consegue il brevetto di pilota. Dopo lo scoppio delle ostilità fra Italia e Austria, raggiunge nell'agosto del 1915 il fronte e viene inquadrato nella 70a Squadriglia. La sua brillantissima carriera sarebbe però iniziata soltanto molti mesi dopo, con la prima vittoria aerea, nell'aprile del 1916.
Nella primavera del 1917, viene assegnato alla neo costituita 91a Squadriglia, denominata in seguito "La Squadriglia degli Assi" e di cui sarebbe stato anche nominato comandante. Il suo coraggio e la sua abilità gli valgono innumerevoli Decorazioni e, alla 30a vittoria, viene proposto per la Medaglia d'Oro al valor militare(. Il 16 giugno del 1918, durante la grande Battaglia del Piave, abbatte gli ultimi due velivoli nemici. Tre giorni dopo, la sera del 19 giugno, la vita di Francesco Baracca si conclude tragicamente sulle pendici del Montello, sembrerebbe colpito da terra, mentre mitraglia le postazioni austro-ungariche in appoggio alla nostra fanteria.


Il Nieuport Ni. 17 col "Cavallino rampante" segno distintivo del grande Baracca successivamente divenne il simbolo delle Scuderie Ferrari

Fulco Ruffo di Calabria. Nasce a Napoli il 12 agosto 1884 da una nobile famiglia. Il 22 novembre 1904 si arruola come volontario nell'11° reggimento cavalleria leggera "Foggia", nella scuola ufficiali di complemento; caporale nel maggio 1905, sergente a novembre, nel febbraio del 1906 viene nominato sottotenente. Parte quindi per l'Africa per conto di una compagnia di spedizioni di Anversa, rientrando in Italia solo nel 1914, quando nel dicembre del 1914 viene assegnato al Battaglione Aviatori. Consegue il brevetto di pilota nel settembre del 1915 e viene assegnato alla 4a Squadriglia di artiglieria, poi 44a. Nel gennaio del 1916 viene assegnato alla 2a Squadriglia, poi 42a, guadagnando una medaglia di bronzo al valor militare. Adotta in questo periodo come insegne personali un teschio con due ossa incrociate. Nel maggio del 1916 viene inviato a Cascina Costa per la conversione su Nieuport nel giugno del 1916 viene assegnato alla 70a Squadriglia: nell'agosto dello stesso anno ottiene due vittorie che gli portano una medaglia d'argento ed una di bronzo al valor militare. Nel marzo del 1917 diviene tenente in servizio permanente e nel maggio successivo entra nella 91a Squadriglia, che era comandata da Francesco Baracca, guadagnando una medaglia d'argento ed una di bronzo al valor militare. Nel maggio del 1918 viene decorato di medaglia d'oro al valor militare. Assunto il comando di squadriglia dopo la morte di Baracca, lo lascia dopo poco per motivi di salute. Nell'ottobre del 1918 assume il comando del 10° Gruppo, ma già il 29 del mese stesso viene abbattuto vicino Marano. Ha effettuato 53 combattimenti e gli sono stato state riconosciute venti vittorie. Ritiratosi nel 1925 nella sua tenuta di Paliano (FR), è morto a Ronchi di Apuania il 23 agosto 1946. Fulco Ruffo di Calabria è padre dell'attuale Regina del Belgio Fabiola. Fonte: Portale dell'Aeronautica Militare http://www.aeronautica.difesa.it/




Il Ni. 17 di Ruffo di Calabria col segno distintivo del "Teschio"

La Règia Aeronautica

Dall'esperienza della guerra in Spagna i vertici dell'Aeronautica non trassero un buon insegnamento: non si valutò appieno l'importanza dell'aviazione tattica così come non si tennero d'occhio le novità introdotte nelle altre aeronautiche, come ad esempio i nuovi Me 109, molto più veloci delle controparti italiane e gli unici capaci di raggiungere i bombardieri Tupolev SB-2 (Скоростной бомбардировщик, appunto bombardiere veloce). Inoltre l'evoluzione dell'Aviazione fu disorganica e discontinua, con un disordinato via vai di equipaggi. Fin dal 1936 lo Stato Maggiore aveva incominciato l'operazione R (rinnovamento), da attuarsi entro il '40, che prevedeva per l'Arma 27 stormi da bombardamento, un gruppo di bombardieri a lungo raggio, 2 stormi ed un gruppo da bombardamento marittimo, uno stormo da trasporto, 10 dieci stormi da caccia terrestre, un gruppo da caccia marittima, due stormi d'assalto (ovvero da appoggio tattico). L'evidente sproporzione tra caccia e bombardamento era dovuta alla sicurezza nelle doti velocistiche degli S.M.79, B.R.20 e dei futuri CANT Z.1007, assolutamente imprendibili per un FIAT C.R.32, ma assolutamente alla portata dei caccia esteri di nuova generazione. Infine si scelsero troppi tipi differenti di apparecchio per le varie specialità, col risultato di una difficile industrializzazione ed una altrettanto difficile gestione logistica di pezzi di ricambio e specialisti.Il 31 ottobre 1939 divenne capo di Stato Maggiore il generale Francesco Pricolo. A fine agosto la Germania invase la Polonia, mentre Francia e Regno Unito scesero in campo a fianco della Polonia: era la guerra. L'Italia scelse di dichiararsi inizialmente "non belligerante", a causa anche dell'impreparazione per un conflitto. I notevoli successi tedeschi al fronte fecero però cambiare idea a Mussolini che il 10 giugno del 1940 dichiarò guerra a Francia ed Inghilterra. Al momento dell'entrata in guerra l'Arma aerea contava su 23 stormi da bombardamento terrestre, 2 da bombardamento marittimo, 6 stormi ed 8 gruppi da caccia, 1 stormo e due gruppi d'assalto oltre all'Aviazione da osservazione aerea e da ricognizione marittima per un totale di 3 296 apparecchi di cui 1 795 in efficienza.
Coccarda alare
Battaglia delle Alpi Occidentali. Sul fronte francese operava la 1ª Squadra Aerea con tre stormi da bombardamento e tre da caccia, in appoggio anche la 2ª Squadra Aerea e l'Aeronautica della Sardegna contro la Corsica e la Francia meridionale. I FIAT C.R.42, pur efficaci, evidenziarono carenze in termini di velocità ed armamento nei confronti dei rivali d'oltre Alpe. A causa della scarsa penetrazione delle forze terrestri sul suolo nemico, il Comando italiano decise di concentrare gli sforzi dell'Arma aeronautica sulle Alpi per ottenere risultati. Un proposito poco assennato e che non portò come è intuibile nessun frutto. Intanto il 22 giugno la Francia capitolava, in questo modo la 5ª Squadra Aerea in Libia poteva concentrarsi sul fronte egiziano

Coccarda di fusoliera


Campagna del Nord Africa. Qui l'Aviazione ricevette il compito di contrastare le rapide incursioni inglesi (anche 400 km) sul territorio occupato dagli italiani. Negli attacchi ai commandos britannici vennero impiegati persino gli S.M.79 e, con più successo, i Breda Ba.65, troppo presto accantonati, e qualche FIAT C.R.32 veterano. I caccia italiani si trovavano già in difficoltà contro i Blenheim, ma quando furono in linea anche gli Hurricane si dovette attendere l'arrivo dei Fiat G.50 e dei Macchi M.C.200 per ristabilire un certo equilibrio. In autunno l'Armata italiana era giunta sino a Sidi el Barrani, ma già in dicembre i britannici costringevano gli italiani ad una prima ritirata dalla Cirenaica. L'Aviazione italiana dovette intervenire ripetutamente per rintuzzare un avversario inferiore in numero ma superiore per agilità e per qualità di armamento.Anche la decisione di istituire un Corpo Aereo Italiano fu penalizzante. Furono inviati in Belgio due stormi da bombardamento (il 13º ed il 43º, un'ottantina di FIAT B.R.20) ed il 56º Stormo Caccia Terrestre. L'integrazione con le forze tedesche fu difficile, i bombardieri, privi di attrezzature antighiaccio, non potevano operare con continuità, mentre i caccia erano inferiori per quota di tangenza (quota massima raggiungibile), armamento e velocità ai temibili Spitfire. Il CAI operò dal 22 ottobre 1940 al 3 gennaio 1941. Il maggior numero delle perdite fu dovuto alle condizioni ambientali ed alla scarsa integrazione con le strutture tedesche. Alla fine il 10 gennaio il Corpo tornò in Italia. La Regia Aeronautica partecipò attivamente in tutti gli scacchieri operativi: in Africa Orientale, nel Mar Mediterraneo, nei Balcani, in Unione Sovietica, e sul territorio nazionale. Sul fronte della Manica, tra il settembre del 1940 e l'aprile del 1941, operò un Corpo Aereo Italiano dislocato nel Belgio costituito da 4 gruppi da bombardamento terrestre, 2 gruppi da caccia terrestre e una squadriglia da ricognizione aerea terrestre.L'aviazione subì gravi perdite nel corso del conflitto: i morti e i dispersi furono 12.000, i feriti oltre 5.000.Al momento dell'entrata in guerra, l'aviazione italiana poteva contare su una forza di 105.430 uomini, dei quali 6.340 piloti, e disponeva di 3.296 velivoli per impiego bellico, dei quali 1.332 bombardieri, 1.160 aerei da caccia e da assalto, 497 ricognitori terrestri e 307 marittimi, oltre a più di un migliaio di aeroplani d'addestramento; ciò nonostante solamente il 54% del totale era pronto per un impiego effettivo. I velivoli erano di tipi diversi e molti già abbondantemente superati, e l'industria aeronautica italiana, sia per la carenza di materie prime sia anche per manchevolezze organizzative, non riuscì a tenere il passo con quelle degli altri paesi in guerra. Dal giugno 1940 al settembre 1943 furono prodotti soltanto 10.388 aerei, non sufficienti a compensare le perdite subite; inoltre la produzione industriale fu dispersa nella costruzione di diversi tipi di aerei, invece che concentrarsi su pochi ma validi modelli.Al momento dell'armistizio l'aviazione poteva contare ancora su 1.200 aerei, soltanto metà dei quali efficienti. Durante questo periodo vennero a formarsi due forze aeree italiane: una che operava nel nord Italia ai comandi della Repubblica di Salò, l'altra che operava al sud inquadrata della Balkan Air Force alleata, adoperando anche mezzi alleati come i Bell P-39 Airacobra. La Regia Aeronautica Italiana compì sul cielo di Frascati la sua ultima missione in contrasto all'azione degli alleati di bombardamento della città e vi bruciò quanto vi restava dei suoi stormi.


Aeronautica Cobelligerante


Coccarda Tricolore segno distintivo degli aerei cobelligenranti


Fù la denominazione convenzionalmente utilizzata per identificare la Regia Aeronautica ricostituitasi nel così detto Regno del Sud (territorio del sud Italia liberato dagli alleati dove si era rifugiato il re Vittorio Emanuele III) con equipaggi italiani e mezzi di provenienza sia alleata che di produzione nazionale e germanica, dopo il proclama Badoglio dell'8 settembre 1943 sull'armistizio di Cassibile. La maggior parte dei reparti rimasti nel nord e centro Italia (territorio controllato dai tedeschi e dai membri di quella che successivamente divenne la Repubblica Sociale Italiana), andarono invece a costituire il 27 ottobre 1943 l'Aeronautica Nazionale Repubblicana (ANR), che continuava ad operare affianco alla Luftwaffe eseguendo compiti di difesa aerea dei grossi centri industriali del nord Italia.Alla fine del 1943 le clausole dell'armistizio imponevano che ogni aereo italiano sotto il controllo della Regia Aeronautica venisse trasferito sulle basi alleate. Malgrado le difficoltà quali la mancanza di combustibile, la presenza delle truppe tedesche e la distanza delle basi nell'Egeo, in Albania o in Grecia unita alla limitata autonomia degli aeroplani italiani, 203 aerei italiani (39 caccia, 117 bombardieri o trasporto e 47 idrovolanti) atterrarono negli aeroporti alleati, ma la maggior parte di essi non fu in grado di continuare a combattere per molto tempo. Uniti ad un altro centinaio di apparecchi che si trovavano già in zona alleata costituirono una base di 250 aerei funzionanti. Molti di questi aerei però erano obsolescenti per il 1943, la Regia Aeronautica aveva già in progetto di sostituirli. Inoltre tutte le fabbriche aeronautiche si trovavano al Nord, in mano tedesca. Gli appartenenti alla Regia Aeronautica continuavano però ad onorare il giuramento fatto al Re e rispettare gli accordi presi dal governo italiano con gli Alleati, partecipando attivamente al Guerra di Liberazione. Agli inizi quindi i veri protagonisti della rinascita dell'Aeronautica italiana furono i meccanici che, grazie ad un paziente lavoro di reperimento e adattamento dei pezzi di ricambio cercarono di rimettere in condizione di volo la maggior quantità di aeroplani possibile. I loro equipaggi vennero addestrati anche a volare con aerei alleati ed impiegati in operazioni di trasporto, scorta, ricognizione, salvataggio in mare e operazioni tattiche limitate, per un numero complessivo di 11.000 missioni svolte tra il 1943 ed il 1945.




Aeronautica Nazionale Repubblicana (A.N.R.)


Stemma alare dei caccia dell'A.N.R.



Stemma di fusoliera dell'A.N.R



L'Aeronautica Nazionale Repubblicana, costituita il 10 ottobre 1943 ed operante tra il 3 gennaio 1944 e il 19 aprile 1945, era l'aeronautica della nascente Repubblica Sociale Italiana, istituita dal tenente colonnello Ernesto Botto quando venne nominato sottosegretario per l'aeronautica il 23 settembre 1943, durante la riunione del consiglio dei ministri della RSI.
Ernesto Botto si insediò nel suo ufficio al
ministero dell'aeronautica il 10 ottobre e si trovò di fronte una situazione molto complessa, le cui cause erano da ricercare nella mancanza di collegamenti e nelle iniziative tedesche: il comandante della Luftflotte 2, il Feldmaresciallo Wolfram von Richthofen, aveva già iniziato a radunare il personale della Regia Aeronautica da arruolare nella Luftwaffe. Il Feldmaresciallo Albert Kesselring, a sua volta, aveva nominato il tenente colonnello Tito Falconi "ispettore della caccia italiana", con il compito di rimettere la suddetta caccia in condizione di combattere. Per di più Richtofen aveva nominato un comandante per l'aviazione italiana nella persona del generale Müller. Tra reciproche incomprensioni, distanze e differenze di vedute, la costituzione dell'Aeronautica Repubblicana dovette attendere l'autorizzazione personale di Hitler in novembre, dopo che le proteste ufficiali di Botto avevano risalito l'intera scala gerarchica tedesca. Nel gennaio del 1944 iniziò così la formazione dei reparti: un gruppo per ogni specialità (caccia, su Macchi M.C.205 Veltro, aerosiluranti, su Savoia-Marchetti S.M.79 e trasporto) con una squadriglia complementare. Il tutto, per le operazioni, dipendeva dal comandi tedeschi. In aprile veniva formato un ulteriore gruppo caccia su Fiat G.55 Centauro.
Nel giugno dello stesso anno iniziò il passaggio ai velivoli tedeschi
Messerschmitt Bf 109G-6, che avrebbero dovuto armare anche il nuovo 3° Gruppo caccia "Francesco Baracca", che nei fatti non diventò mai operativo. Questa espansione della caccia fu dovuta sia al crescente disimpegno della Luftwaffe dal settore meridionale, sia dai buoni risultati conseguiti inizialmente. Ma questi terminarono ben presto ed il tasso di perdite cominciò a farsi in breve tempo superiore al numero di abbattimenti ottenuto.
Il
Gruppo Aerosiluranti Buscaglia Faggioni, comandato da Carlo Faggioni subì forti perdite mentre attaccava la flotta alleata che supportava la testa di ponte di Anzio. Nonostante le numerose navi colpite (secondo i bollettini ufficiali), la vita operativa del gruppo fu piuttosto avara di riconoscimenti: l'unico siluro messo a segno dopo tanto impegno, fu quello che danneggiò un piroscafo britannico, colpito a Nord di Bengasi, nel periodo in cui il reparto operava da basi ubicate in Grecia, e un piroscafo al largo di Rimini il 5 gennaio 1945. Da segnalare dopo la morte di Faggioni il raid dimostrativo, che il gruppo fece contro la piazzaforte di Gibilterra (guidata dal nuovo comandante Marino Marini). Quanto al gruppo dei trasporti (al quale se ne aggiunse un secondo che però si limitò alla fase addestrativa), fu utilizzato dalla Luftwaffe sul Fronte Orientale e poi sciolto nell'estate del 1944.
Anche gli altri reparti, in sostanza, subirono la stessa sorte nello stesso momento: in quei mesi i rapporti fra i vertici militari repubblicani e tedeschi erano peggiorati notevolmente, anche a causa dei sempre minori risultati raggiunti dai reparti dell'Aeronautica Repubblicana, i cui mezzi e piloti subivano un eccessivo logorio. Von Richtofen, che doveva ridurre ulteriormente la presenza aerea tedesca in
Italia, pensò di risolvere la questione sciogliendo i reparti repubblicani e sostituendoli con una sorta di "legione aerea italiana" , strutturata secondo il modello del Fliegerkorps tedesco, il cui comandante sarebbe stato il generale di brigata aerea Tessari (che avrebbe così lasciato la carica di sottosegretario che ricopriva dopo il dimissionamento di Botto), affiancato da uno stato maggiore germanico che avrebbe permesso alla Luftwaffe di mantenere il suo controllo sulle attività di guerra aerea in Italia.
Le solite rivalità interne e incomprensioni fecero bloccare il piano, lasciando la RSI di fatto senza aviazione fino a settembre, quando si riuscì a rimettere in moto il processo. Da ottobre fino al febbraio del
1945, quando il 1° Gruppo caccia "Asso di bastoni" tornò dall'addestramento in Germania, il 2° Gruppo caccia "Gigi Tre Osei" fu l'unico reparto di caccia disponibile per contrastare l'azione degli Alleati. Ma l'arrivo della nuova unità mutò di poco la situazione complessiva, che vedeva la caccia repubblicana subire perdite sempre maggiori.
Le ultime missioni di volo vennero svolte il
19 aprile, quando i due gruppi intercettarono un aereo in missione di rifornimento per i partigiani (il 1° Gruppo caccia "Asso di bastoni") e dei bombardieri (2° Gruppo caccia "Gigi Tre Osei"), in ambo i casi USAAF: il B-24 in missione di rifornimento venne abbattuto, a prezzo di un caccia; quanto allo scontro con i bombardieri, questo fu disastroso e gli aerei repubblicani, colti di sorpresa ed intercettati della scorta prima di giungere a portata di tiro dei bombardieri, subirono cinque perdite senza ottenere alcun abbattimento. Nei giorni successivi, impossibilitati a compiere decolli per mancanza di carburante e sottoposti a continui attacchi da parte dei partigiani, i reparti distrussero il materiale di volo e si arresero. Fu fase immediatamente successiva che il maggiore Adriano Visconti, comandante del 1° Gruppo caccia "Asso di bastoni", portato prigioniero nella caserma del "Savoia Cavalleria" a Milano fu trucidato dai partigiani, nel cortile della stessa insieme al suo aiutante sottotenente Stefanini il 29 aprile, in circostanze mai chiarite.



Così finisce la nostra stori oggi si chiama AERONAUTICA MILITARE ITALIANA, conservatrice delle tradizioni e dellìeredità degli uomini che la fecero "l'arma azzurra" arma di poeti, romantici, avventurieri, guerrieri, nobili e gentiluomini, oggi glu uomini e le donne che ne fanno parte sono i testimoni di questo prestigio.

AeroStoria

Commenti

  1. Ottaviano Lombardisabato, 10 marzo, 2012

    Si nota il"buco" per gli anni successivi alla I^ GM, la costituzione4 dell'Arma, l'impiego in Libia che precedette l'aggressione all'Etiopia.
    A furia di sintetizzare, si finisce col fare disinformazione....

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    1. infatti, ho voluto sintetizzare, se cerca qualcuno che fa informazione si rivolga ai siti piú blasonati, quí si fa tutto per "passione" e soprattutto non prendo mai tutto troppo sul serio.

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