12 luglio 1929 - il primo volo del Do X
L'idea di poter incrementare il traffico passeggeri con un nuovo e più grande idrovolante venne a Claude Dornier, allora proprietario dell'azienda Dornier-Metallbauten GmbH che portava il suo nome. Il nuovo progetto ideato da Dornier si sarebbe basato sull'esperienza acquisita sui Dornier Do J Wal, prodotti in Svizzera, dalla sussidiaria Dornier-Werke Altenrhein AG, ed in Italia, dalla Costruzioni Meccaniche Aeronautiche Società Anonima (CMASA) di Marina di Pisa, per aggirare le limitazioni imposte alla Germania dal Trattato di Versailles in seguito alla fine della prima guerra mondiale.
Il primo esemplare venne portato in volo per la prima volta il 12 luglio 1929, ai comandi del pilota collaudatore Richard Wagner, comunque solo per un breve tratto. Per il primo vero volo completo bisognerà aspettare il successivo 29 luglio dello stesso anno. L'esemplare costruito in Svizzera differiva da quelli italiani solo per la motorizzazione adottata, i V12 Curtiss V-1570 da 630 hp (470 kW) ciascuno per il primo, dei radiali Fiat A.22 R da 440 CV per i secondi.
Il pilota collaudatore ufficiale Richard Wagner fotografato davanti all'hangar in cui si vede il Do X 1.
Gli esemplari italiani, il Do X 2 e Do X 3, vennero presi in carico dalla Società Anonima Navigazione Aerea (SANA) e dedicati rispettivamente agli aviatori Umberto Maddalena, l'esemplare immatricolato I-REDI, ed Alessandro Guidoni l'I-ABBN. Subito dopo però vennero integrati nella flotta della Regia Aeronautica e, dopo un tentativo insoddisfacente per trasformarlo in un idrobombardiere, impiegati dal 1931 al 1935 per voli a scopo dimostrativo e propagandistico. Alcune fonti ritengono possano essere stati utilizzati nel 1935 come aerei da trasporto tattico durante la guerra d'Etiopia. La loro vita operativa terminò nei cantieri di La Spezia, accantonati e subito passati alla demolizione. Benché la produzione di soli tre esemplari e l'imponenza del Do X non favorisse la preservazione, al momento del ritiro del servizio l'esemplare tedesco venne esposto al museo di Berlino ma distrutto dai bombardamenti alleati nel 1943. Degli esemplari italiani, presumibilmente demoliti a fine servizio, ne rimangono solo alcune parti conservate ed esposte presso il Museo del Politecnico di Torino, nella Sezione dedicata all'ing. Giuseppe Gabrielli.
Un volo col Do X
Design
Il progetto venne finanziato dal Ministero dei Trasporti tedesco e costruiti in un impianto appositamente progettato a Altenrhein, sulla parte svizzera del Lago di Costanza, al fine di eludere il Trattato di Versailles, che proibiva alla Germania la costruzione di qualsiasi aeromobile ad elevate prestazioni dopo la Prima Guerra Mondiale.
La cellula era interamente in duralluminio, con le ali di un composto di acciaio rinforzato e duralluminio coperti in tessuto di tela pesante a sua volta verniciati con uno strato di vernice protettiva in alluminio.
Inizialmente era alimentato con motori Jupiter radiali da 12 391 kW (524 CV) montati in sei gondole a torre sul dorso lungo la fascia alare. Ma i jupiter erano inclini al surriscaldamento anche se riusciano a far decollare il gigantesco aeroplano essi non potevano portarlo più in alto di 425m di altitudine, si optò per l'installazione di nuovi motori raffreddati ad acqua a 12 cilindri in linea prodotti dalla Curtiss. Grazie a questi motori si riuscì a portare l'aereo all'altitudine di 500m neccessari per attraversare l'Atlantico con a bordo 66 persone o 100 nei voli più brevi. Le sistemazioni di lusso erano di tutto rispetto e quasi si avvicinavano a quelle dei grandi transatlantici, vi era il ponte principale dove vi era ubicata una sala fumatori, con un proprio Bar, una sala da pranzo con 66 posti a sedere che a sua volta potevano essere commutati in posti a dormire per i voli notturni.
A poppa invece vi erano la cucina alimentata elettricamente, i servizi igienici, e la stiva per i bagagli. Poi sul ponte superiore vi era la cabina di pilotaggio e quella di navigazione, la sala controllo motori e la sala Radio; sul ponte inferiore si trovavano invece i serbatoi del carburante e nove compartimenti stagni sette dei quali venivano utilizzati per poter consentire il galleggiamento.
Stanza da pranzo del Do X.
A poppa invece vi erano la cucina alimentata elettricamente, i servizi igienici, e la stiva per i bagagli. Poi sul ponte superiore vi era la cabina di pilotaggio e quella di navigazione, la sala controllo motori e la sala Radio; sul ponte inferiore si trovavano invece i serbatoi del carburante e nove compartimenti stagni sette dei quali venivano utilizzati per poter consentire il galleggiamento.
Sez.Prua
Sez. Poppa
L'ingegnere di macchina gestiva i 12 motori.
Avventure e disavventure
Per introdurre l'aereo di linea sul mercato degli Stati Uniti il Do X fece un volo inaugurale decollando da Friedrichshafen, in Germania il 3 novembre 1930, sotto il comando di Friedrich Christiansen per un test di volo transatlantico a New York. Il percorso toccava i Paesi Bassi, Inghilterra, Francia, Spagna e Portogallo. Ma sfortunatamente il viaggio venne interrotto a Lisbona il 29 novembre, quando un telo venendo a contatto con un tubo di scarico incandescente causò un incendio che inghiottì la maggior parte dell'ala, il relitto restò nel porto di Lisbona per sei settimane, le parti danneggiate vennero sostituite riportando ulteriori ritardi, ma il gigante riuscì a spiccare il volo verso la costa occidentale dell'Africa e quindi attraverso l'Atlantico del Sud America, dove l'equipaggio furono accolti come eroi dalla locale comunità di emigrati tedeschi.
Finalmente l' America!
Il volo ha continuò a nord verso gli Stati Uniti, per giungere a New York il 27 agosto 1931, quasi nove mesi dopo la partenza Friedrichshafen. Il Do X col suo equipaggio trascorse nove mesi a new York, i motori vennero revisionati, e migliaia di curiosi vennero a far visita al gigante dell'aria fu una grosso successo promozionale per la casa costruttrice. Il 21 Maggio del 1932 partì nuovamente per raggiungere Berlino quando il 24 arrivò a destinazione il Do.X venne accolto da una folla festante di 200.000 persone.
In totale vennero costruiti 3 esemplari, non tutti potevano permettersi costi di manutenzione e di gestione così alti, uno venne preso in carico dalla Dornier per la tedesca Lufthansa ed altri 2 furono presi in carico dall'Italia per conto della S.A.N.A. (che a quel tempo era la compagnia aerea nazionale), X2 (chiamato Umberto Maddalena) e X3 (chiamato Alessandro Guidoni), tendenzialmente uguali si differenziavano solamente dal fatto che montavano motori FIAT come detto sopra. Grazie al magnifico sito di Aerei Italiani siamo in grado di mostrare le magnifiche foto di Edgardo Bompani dell'archivio del padre di uno degli esemplari "italiani" del Dormier Do X I-REDI poi R.I Antonio Maddalena.
R.I. Antonio Maddalena - dopo incorporamento Regia A. - L'idrovolante porta il nome del Gm/STV pil. Umberto Maddalena gia' 3 M.d'A -M.d.B.(1 Guerra Mondiale) e Comandante-preparatore dei piloti ad Orbetello della I Crociera Atlantica- perira' il 19 Maggio 1931 alla preparazione di un nuova impresa. (Coll. Edgardo Bompani)
Idrovolante I REDI della SA Navigazione vista di fronte (Coll. Edgardo Bompani)
Idrovolante I REDI 3/4 dal dietro (Coll. Edgardo Bompani)
Idrovolante I REDI 3/4 dal davanti. (Coll. Edgardo Bompani)
iconografia della S.A.N.A.
Un altro grazie a Giancarlo De Paolis che ci invia queste altre meravigliose foto del Dormier DO X Umberto Maddalena della Sua collezione. Le foto sono state scattate dal padre del suocero di Giancarlo, Gentile Crescenzo fotografo dell'Istituto Luce decorato al V.M. reduce delle campagne di Etiopia, Spagna, Grecia e Africa .
L'idrovolante Umberto Maddalena con il suo equipaggio e gli inservienti
(Coll. G. De Paolis)
L' Umberto Maddalena in volo.
L'Idrovolante in flottaggio con due motori in moto (Coll. G. De Paolis)
Vista di fronte con cappottature alla cabina (Coll. G. De Paolis)
vista dela deriva posteriore (Coll. G. De Paolis )
Volevo ringraziare sia il Sig. de Paolis che il Sig. Bompani per questa opportunità di vedere delle bellissime foto in azione del Do. X ed anche il sito di Aerei Italiani per i magnifici articoli e le bellissime immagini presenti sul sito, di inistimabile valore storico.
L'articolo è interessante ma vi è sicuramente una inesattezza.
RispondiEliminaLa S.A.N.A. non poteva essere il vettore di bandiera in quanto vi erano nel 1932 le seguenti compagnie aeree:
Aviolinee Italiane S.A.
S.A. Aero Espresso Italiana
S.A.M Società Aerea Mediterranea
S.I.S.A. Società Italiana Servii Aerei
S.A.N.A. Società Anonima di Navigazione Aerea.
Tutte queste società nel giro di pochi anni furono riunite nell'Ala Littoria tranne l'Aviolinee Italiane che rimase indipendente in quanto nell'orbita FIAT.
Le società che ho nominato prima erano praticamente tutte partecipate da capitale statale e tutte esercivano qualche linea aerea internazionale in esclusiva.